La Chanson de Roland - Recensione

Finalmente dopo tanto, troppo tempo, sono tornata per parlarvi della mia ultima lettura. In realtà questa lettura non è stata una mia scelta, ma mi è stata 'imposta' da un esame universitario. Sono tuttavia contenta che il professore lo abbia inserito nel programma, perché credo che volontariamente non lo avrei letto almeno per i prossimi vent'anni, e sarebbe stato un peccato. Si tratta della Chanson de Roland.
Titolo: La Chanson de Rolando
Autore: Anonimo
Prezzo: cartaceo  10.20
Pagine: 544


La Chanson de Roland, o Canzone di Orlando per dirla in italiano, è un manoscritto dell'XI secolo appartenente al ciclo carolingio. L'autore è, come per la maggior parte dei poemi del periodo, anonimo ma nel testo si nomina un certo Turoldo, che molto probabilmente fu il copista del manoscritto. Si sono conservati nove manoscritti contenenti queste gesta, e fra di loro presentano notevoli differenze. La Bur, partendo dal testo critico realizzato da Segre, prende come testo di partenza il manoscritto di Oxford, annotando però dove si crede che gli altri possano essere più fedeli all'originale.
Il protagonista del poema è, come si intuisce dal titolo, Roland/Orlando, nipote di Carlo Magno e suo paladino. La vicenda ruota intorno a un fatto storicamente accaduto, la battaglia di Roncisvalle, avvenuta nel 778, quando la retroguardia dell'esercito francese, guidata da Orlando, venne attaccata e annientata dai baschi, che nella Chanson diventano saraceni.
Il motivo per cui a Orlando viene affidata la guida della retroguardia è spiegato all'inizio del racconto: una contesa familiare. Orlando infatti nel momento in cui si deve scegliere chi mandare come ambasciatore dei francesi per chiedere la resa a Marsilio, re dei saraceni, designa suo patrigno, Gano. Il ruolo di ambasciatore era sempre pericoloso, perché difficilmente le notizie che portavano erano liete. Ecco perché, quando Orlando nomina Gano, quest'ultimo giura vendetta, ed ecco il motivo per cui tradisce Carlo e il suo esercito: per vedere ucciso Orlando.
Queste sono le premesse da cui si sviluppa tutto il romanzo. La vendetta cercata da Gano avrà luogo nella parte centrale, dove la retroguardia dei franchi si scontrerà con l'esercito saraceno.

"Son alti i poggi, le valli tenebrose,
 scure le rocce, le strette paurose."
 Tutti il testo ruota attorno al coraggio e all'orgoglio degli uomini. Per un cavaliere, un soldato della corte di Carlo, l'orgoglio è la massima virtù. Ecco perché Gano non può rifiutare la nomina ad ambasciatore, e per lo stesso motivo Orlando accetta il comando della retroguardia, pur avendo un presentimento del tradimento. E quando Orlando capisce che sta per essere attaccato dall'esercito nemico, rifiuta di suonare il corno e chiamare in suo soccorso il resto dell'esercito, per paura di macchiarsi di viltà.

È difficile immedesimarsi con questa ideologia, per noi uomini del nuovo millennio, ma per capire il vero significato del romanzo bisogna fare uno sforzo.
La maggior parte del poema è occupata dalla lotta vera e propria, che di volta in volta vede come protagonista un personaggio diverso, per esaltarne il valore. Sono combattimenti che non risparmiano il sangue versato, anche perché riuscire a tagliare in due il nemico dall'elmo al cavallo era, per il tempo, una prova di forza. C'è ovviamente una grande attenzione alle armi e alle armature dei guerrieri, che vengono descritti nei minimi particolari.
Stiamo comunque parlando di un poema scritto in un tempo molto lontano dal nostro, in cui però è possibile anche leggere motivi a noi abbastanza noti. I cavalieri dell'esercito nemico, quello dei saraceni, vengono descritti come uomini coraggiosi e valenti, che potrebbero essere grandi uomini se solo fossero cristiani. Ecco, la guerra, che era stata causata solo dalla voglia di conquista delle terre da parte dei franchi, viene presentata come lotta santa, voluta da Dio. Sono tanti i punti in cui è sottolineata questa opposizione fra cristiani e infedeli, come per esempio la presenza dell'arcangelo Gabriele, che guida le azioni di Carlo.
La vera sorpresa, per me, è stata la bellezza delle immagini suscitate dall'autore, con l'uso di veramente poche parole. In due o tre versi, richiama alle mente immagini naturali di assoluta bellezza. Una bellezza a volte un po' macabra, come quando vengono descritti i campi di battaglia, che però dimostra la capacità di riuscire a ricreare, a parole, non solo quello che gli occhi vedono, ma anche i sentimenti che si provano vedendo.
Ho iniziato questo libro piena di pregiudizi, un po' perché, avendoli studiati, conosci le abitudine narrative dell'epoca, tipo le ripetizioni, un po' perché, diciamoci la verità, l'argomento della Chanson non è proprio il mio genere. In realtà sono rimasta piacevolmente sorpresa. Il libro infatti, non è pesante da leggere, anzi. E dopo il primo impatto, che può essere un po' difficile, si entra in quella dimensione, e si inizia ad apprezzare la poesia del testo, che per fortuna va ad alleviare la crudezza delle immagini.
Sicuramente non è un libro che tutti possono leggere, in ogni momento della propria vita. Ci vuole attenzione, per non perdersi qualche passaggio, e ci vuole la voglia di leggerlo, perché sennò già dopo le prime pagine lo abbandonereste. Se però non lo avete ancora letto perché avete paura della grandezza, o dell'argomento, o semplicemente del linguaggio usato, potete tranquillamente superare questi timori.
"Perde sé stessi e gli altri, chi tradisce qualcuno."


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