Il sorriso dell'ignoto marinaio - Recensione

Buon sabato lettori. Oggi vi parlo di un libro che non fa parte delle mie letture abituali. Si tratta di Il sorriso dell'ignoto marinaio di Vincenzo Consolo. Dietro alla scelta di questa lettura ci sono vari motivi, tra qui il fatto che lo scrittore ha frequentato il mio stesso liceo, e quindi ha frequentato la mia città e i luoghi che mi hanno cisto crescere.
Titolo: Il sorriso dell'ignoto marinaio
Autore: Vincenzo Consolo
Editore: Mondadori
Prezzo: cartaceo  8.07
Pagine: 192



TRAMA
Pubblicato per la prima volta nel 1976, Il sorriso dell'ignoto marinaio ha segnato l'affermazione di Vincenzo Consolo tra i grandi narratori del secondo dopoguerra. Lungamente meditato dall'autore, il romanzo scaturì da esperienze private e dall'urgenza degli eventi sociali e culturali degli anni Settanta. La vicenda narrata trae spunto dal ritratto di un affascinante ed enigmatico uomo vestito di nero, dipinto da Antonello da Messina e noto come l'Ignoto marinaio, ritrovato dal barone Enrico Pirajno di Mandralisca nella bottega di uno speziale di Lipari. Di qui la storia si dipana, sullo sfondo del Risorgimento siciliano, dall'incanto delle isole Eolie all'affascinante Cefalù fino a Messina, città continuamente cancellata dalla forza della natura, e Palermo, con il suo passato di eterna violenza politica e sociale. Un viaggio attraverso l'Isola, alla scoperta di luoghi reali e simbolici, specchi fedeli e immoti della condizione dell'uomo e della Storia.



RECENSIONE

"Il personaggio fissava tutti negli occhi, in qualsiasi parte essi si trovavano, con i suoi occhi piccoli e puntuti, sorrideva a ognuno di loro, ironicamente, e ognuno si sentì come a disagio"
Avevo già letto 'Il sorriso dell'ignoto marinaio' nel 2012, anno di morte dell'autore, quando la mia professoressa d'italiano del liceo ci lasciò come compito di comprarlo e leggerlo, senza prima fare nessun tipo di introduzione. Io ero al terzo anno, e vi posso assicurare che di questo libro non avevo capito nulla. Quindi un consiglio prima di passare a parlarvi meglio del libro: andate alla ricerca di qualche informazione su quest'opera e su questo autore. Vincenzo Consolo non è proprio semplicissimo da comprendere, almeno in questo libro, e senza avere alcuna informazione sul contesto e sul modo in cui scrive potreste essere travolti dalla scrittura senza comprendere fino in fondo cosa vuole dire. Se vi state chiedendo il perché ho deciso di rileggerlo, è che mi sono ritrovata a studiare l'autore per un esame dell'università, e mi ha incuriosito molto il modo in cui era descritto e quindi mi sono detta: perché non riprovarci? Magari questa volta qualcosina la capisco. E ci sono riuscita. Certo, credo che per riuscire a comprendere nel profondo questo libro andrebbe studiato, non semplicemente letto. 
La vicenda inizia quando il barone Enrico Pirajno di Mandralisca porta a Cefalù, paese in cui abita, dall'isola di Lipari un dipinto, la cui paternità fa risalire a Antonello da Messina. Mentre è sulla nave che lo riporta a casa vede un marinaio che gli ricorda incredibilmente il dipinto che porta con se. A questo punto però il libro non continua con una vicenda ben delineata, ma salta un po' da un'ambientazione all'altra, senza però spiegare prima dove ci porta. Aggiungendo a questo la varietà linguistica che viene usata dall'autore, ci si perde spesso, e quando finalmente credi di essere riuscito a comprendere gli avvenimenti descritti il capitolo finisce e ne comincia un altro.

"Che vale, allora, amico, lo scrivere e il parlare? La cosa più sensata che noi si possa fare è quella di gettare via le chine, i calamari, le penne d'oca, sotterrarle, smettere le chiacchere, finirla d'ingannarci e d'ingannare con le scorze e con le bave di chiocciole e lumache, limoccia, babbaluci, fango che si maschera d'argento, bianca luce, esseri attorcigliati, spiraliformi, viti senza fine, nuvole coriacee, riccioli barocchi, viscidumi e sputi, storie untuose..."
Il libro è ambientato durante i moti siciliani del 1860, subito prima dell'arrivo di Garibaldi, quando ad Alcara Li Fusi si prepara una rivolta contro i Borboni. Proprio a causa dell'organizzazione della rivolta il protagonista, che è un barone, prende coscienza della situazione che lo circonda al di fuori della sua classe sociale. Entra in contatto infatti con il mondo contadino, in cui i soprusi e le angherie a cui sono costretti a sottostare sono giornalieri. Il mondo che viene descritto non risparmia nessuno, dalle forze dell'ordine ai preti. Come ho detto prima, il libro non è facile da capire, né per l'intreccio né per la lingua usata. Se infatti il protagonista è il barone Mandralisca, lo è solo per pochi capitoli che vengono inframmezzati da parti in cui è il popolo a parlare. Si capisce quindi che il vero motivo per cui viene organizzata la rivolta non è veramente politico, non hanno nulla contro la classe dirigente in quanto tale, il motivo per cui decidono  di rivoltarsi è per riuscire a vivere una vita che non sia solo fatta di stenti e fatiche, sudore e dolore. E vedono nella figura di Garibaldi il cambiamento che stavano aspettando e che invece non arriverà, tradendo la fiducia che il popolo gli aveva dato. La lingua non è semplice, in una sola pagina si trovano frasi in latino e subito dopo parole in dialetto, e, ve lo dico da siciliana, è quasi più facile riuscire a comprendere il significato delle frasi in latino. Ho trovato difficoltose da comprendere, ma anche da accettare per la crudezza soprattutto le parti descrittive, dove vengono usate delle metafore dure. Ma la vera metafora che poi ricorre in tutto il libro è una: la vita è come una lumaca, che ruota su se stessa senza un punto di uscita.
Io lo so che sicuramente non ho compreso la metà di questo libro, però se vi piace la storia e se siete siciliani, leggetelo. Magari ritroverete, come me, tradizioni che vivete ancora tutti i giorni, come il pellegrinaggio verso la madonna del Tindari, a piedi nudi, che continua ad essere fatto ogni anno da centinaia di persone. Ho rivisto la mia terra, la mia città, con gli occhi del passato, ed è questo il motivo per cui, sono sicura, fra cinque o dieci anni lo riprenderò in mano, magari per riuscire a svelare qualche altro mistero che non sono riuscita a comprendere ora.


"La Sicilia! La Sicilia! Pareva qualcosa di vaporoso laggiù nell'azzurro tra mare e cielo, ma era l'isola santa!"


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